Torniamo per un attimo indietro nel tempo, a inizio 2020…
E’ marzo e, alle soglie della primavera che porta con sé i primi raggi caldi del sole e la voglia di uscire, accade un fatto inaspettato per tutti, un micidiale virus inizia a circolare, viene istituito lo stato di emergenza sanitaria e il rispettivo lockdown.
Le notizie che arrivano in continuazione dai mass media sono allarmanti e ci disorientano, tutto ad un tratto si interrompono i ritmi della quotidianità, si perdono le abitudini, si sovverte la gestione delle giornate e soprattutto, in zona rossa, non si può uscire di casa se non per comprovate esigenze.
In quel preciso istante ci siamo resi conto di quanto siano importanti i legami familiari e sociali e quanto sia brutto quando non ci si può incontrare.
Inizialmente, nei primi mesi dell’emergenza sanitaria, sono prevalsi smarrimento e senso di vuoto, causati dall’imposizione del distanziamento sociale per non contagiare i nostri cari più anziani o affetti da gravi patologie. Leggendo l’articolo “Un anno di pandemia, cosa è cambiato nella vita degli anziani di F.Landi" ho ritrovato ciò che durante questo periodo ho avvertito comunicando con gli anziani:
«L'impatto che queste restrizioni hanno avuto sugli anziani è particolare proprio in relazione alla più frequente situazione di “fragilità” fisica e cognitiva. Ridurre le interazioni sociali ha drammaticamente ridotto lo "spazio vitale" di molti anziani, con un impatto negativo non solo sullo stato di funzione fisica ma anche sul tono dell'umore e a volte anche sulla performance cognitiva. L’isolamento domestico ha comportato una significativa riduzione del livello di attività fisica con conseguenze negative in particolare nei soggetti affetti da osteoporosi, artrosi, malattie neurologiche come il Parkinson, diabete, malattie cardiovascolari. Da un punto di vista psicologico, l'anziano ha una percezione più acuta della perdita, e le rinunce imposte dalla pandemia diventano più dolorose […]»
(mancata partecipazione ad un compleanno di un familiare, feste come il Natale, impossibilità ad uscire per una partita a burraco o briscola), ulteriori difficoltà, la chiusura dei centri sociali e dei centri diurni.
Le testimonianze delle persone anziane sentite in questi ultimi due anni sono tante e molto simili, le parole ripetute più volte sono state “ne abbiamo già passate tante”.
Qualcuno ha fatto o visto la guerra, anche se allora si sapeva dov’era il nemico da combattere mentre adesso il nemico non sai cos’è e dov’è.
Poi dopo la guerra hanno avuto a che fare con varie malattie, come ad esempio l’asiatica che fece molti morti. Sanno cosa significa la sofferenza, il sacrificio e quindi si adattano con più facilità alle regole. In molti hanno associato il Coronavirus alla guerra.
Qualcuno dice: passerà anche questa, passerà vedrai, adesso arrivano gli Alleati che poi non è altro che il vaccino. Una signora mi ha raccontato che ha imparato ad usare “la tecnologia” proprio per rimanere in contatto con il “fidanzato” che abitava in un comune diverso dal suo, altri hanno imparato a fare le videochiamate (con confusione però, non è mica una cosa facile!) per vedere i nipotini o i figli.
Nell’articolo “La solitudine degli anziani ai tempi del covid” la Dott.ssa L.Montesi sottolinea come
«L’isolamento sociale determinato dal Covid, l’interruzione dei contatti con l’esterno, hanno avuto effetti drammatici su chi già da prima poteva contare su pochi contatti essenziali, come le persone allettate, istituzionalizzate o affette da demenze, o su chi aveva già una condizione di malattia o di disagio emotivo.»[…]
In quei giorni abbiamo letto la notizia del signore 95enne che, il giorno di Natale, ha chiamato i carabinieri chiedendo che passassero a trovarlo per non festeggiare in solitudine. In realtà, anche quando non eravamo costretti all’isolamento sociale da un virus particolarmente pericoloso, ogni anno purtroppo sentivamo notizie simili.
Durante le conversazioni telefoniche avute con gli anziani seguiti dal servizio e-Care ho avvertito ancora più elevato il senso di disagio e solitudine, questo dato l’ho ritrovato anche nell’articolo “la solitudine degli anziani al tempo del covid”:
«Una ricerca svolta tra il 2016 e il 2019 dall’Istituto Superiore di Sanità ha riscontrato che il 21% degli anziani non aveva nessun tipo di contatto, né di persona né telefonico, con familiari, amici o conoscenti, una quota drammaticamente alta, e un anziano su 5 lamentava isolamento sociale. Ora, in epoca Covid, l’80% degli anziani riferisce di vivere in condizioni di difficoltà e più della metà ha azzerato la propria vita sociale. Interrompere bruscamente le attività sociali quotidiane abituali può indurre una percezione di perdita di controllo che alimenta l’incertezza, che a sua volta può tradursi in ansia, panico, ipocondria. L’isolamento sociale è notoriamente un fattore di rischio per la salute sia fisica che mentale, è infatti correlato ad ansia, depressione, declino cognitivo, alterazioni del sonno, della memoria e della concentrazione; favorisce i disturbi cardiovascolari e riduce l’aspettativa di vita al pari del fumo e dell’obesità, affiancato da stress, ansia, e sofferenza». […]
Il fattore dominante, ho notato che è stato, anche senza averne una vera percezione, proprio nel cambiamento psicologico degli assistiti, in alcune telefonate ho percepito la difficoltà nell’affrontare la quotidianità senza il supporto dei propri familiari o conoscenti. Lo svolgimento delle “piccole cose” come l’andare a fare la spesa o dal medico è diventato un ostacolo al vivere “normale”, questo è spiegato nel dettaglio nell’articolo “Anziani e pandemia-lo strappo nel cielo di carta”
[…] «Il disagio psicologico dovuto all’ interruzione repentina dei rapporti sociali, dei legami familiari, del contatto fisico così importanti non solo per la prevenzione del declino cognitivo e del benessere fisico ma anche per la percezione di sé ovvero di essere ancora una persona di valore e di senso per gli altri. Non poter lasciare la propria abitazione; dover comunicare con una mascherina, magari avendo problemi di udito e/o disturbi del linguaggio, è complicato e ha risvolti psicologici pesanti che amplificano la percezione della propria condizione di confinamento e isolamento.»[…]
Sentirsi inutili e anzi di peso alla famiglia o agli amici, questa è stata la sensazione che ho avvertito in questi anni nelle parole dei tanti anziani che ho sentito.
Con il nostro servizio anche noi siamo riusciti ad allentare per qualche minuto questo isolamento e ad aiutarli supportandoli nella quotidianità, durante la prima ondata molti anziani chiedevano informazioni per questioni pratiche e materiali, come l’aiuto per una consegna della spesa o di farmaci, mentre nell’ultimo periodo hanno manifestato soprattutto il disagio di sentirsi soli e il bisogno di raccontarsi e di condividere con qualcuno il loro vissuto.
Un tema a parte è la tecnologia e gli strumenti informatici. Purtroppo non tutti gli anziani possiedono un cellulare, un computer, un tablet e questo è per loro un gap insormontabile, gli strumenti informatici a volte hanno aiutato, a volte hanno reso la situazione ancora più frustrante e in ogni caso non tutti ne hanno potuto usufruire. Nell’articolo “Anziani e pandemia-lo strappo nel cielo di carta” si cita
[…] «Molti anziani hanno imparato a superare l’imbarazzo nei confronti dell’informatizzazione, forse mai come in questo momento è opportuno lavorare con gli anziani per garantire una maggiore conoscenza degli strumenti di comunicazione digitali che, pur non volendo assolutamente sostituire i rapporti sociali, rappresentano un valido aiuto contro l’isolamento sociale.» […]
Infatti ho notato e molti studi lo confermano che gli anziani che hanno avuto la possibilità di comunicare in videochiamata o anche chattando hanno meno disturbi dell’umore e meno deficit cognitivi.
Le videochiamate migliorano anche la funzionalità del cervello favorendo le funzioni esecutive basate sul linguaggio, cosa che non accade con la comunicazione non mediata dal video. Chi invece è rimasto isolato non avendo a disposizione strumenti informatici ha avuto più difficoltà in particolar modo con la memoria e con il linguaggio, ho notato la difficoltà a ricordare episodi o ad incespicare nelle parole.
Anche per questo credo sia fondamentale facilitare sempre più la possibilità di accedere a questi strumenti per tutta la popolazione anziana.
Il coronavirus ha evidenziato una rilevante fragilità delle persone anziane e non solo di quelle con importanti patologie. Ha portato alla luce la gravità di una malattia che si trasmette per contatto e con un bacio senza che ne siamo consapevoli. Ha obbligato la distanza con familiari, amici, conoscenti rendendo più sole ed emarginate le persone più fragili. Ci ha fatto riflettere sull’importanza della socialità e di quanto sia importante sentirsi liberi di poter svolgere qualsiasi attività quotidiana e ci ha fatto capire quanto sia importante poter fare affidamento su qualcuno.
Il 2020 è già lontano ma il rischio pandemico non si è ancora allontanato, il disagio vissuto permane, la fatica a riprendere in mano la propria quotidianità, il timore e l’ansia che appaiono assopite sappiamo che possono risvegliarsi da un momento all’altro, proprio per questo non dobbiamo mai dimenticare che domani saremo noi gli anziani e quindi oggi spetta a noi aiutarli spronandoli, dando suggerimenti a non oziare davanti alla tv sul divano ma ad uscire, guardare la primavera che sta arrivando, sentire i primi raggi caldi del sole e sorridere pensando che c’è ancora tanto da fare!
Concludo chiedendo se qualcuno ha qualche esperienza o ha bisogno di raccontarla, mi farebbe piacere leggerla, perchè il dolore si può condividere e condividendolo ci si può sentire, a volte, più leggeri.
Una signora ci ha definito “angeli” chissà quasi quasi inizio a crederci.
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citazioni tratte da:
"Un anno di pandemia, cosa è cambiato nella vita degli anziani"
“La solitudine degli anziani ai tempi del covid”
“Anziani e pandemia-lo strappo nel cielo di carta”
- https://welforum.it/il-punto/integrazione-e-sviluppo-dei-servizi-sociosanitari/anziani-e-pandermia-lo-strappo-nel-cielo-di-carta/
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Un piccolo assaggio del mio …
Un piccolo assaggio del mio " Diario sul Covid " che inizialmente ho scartato e così lo mando a voi!
28 Aprile 2021
Dopo infiniti giorni di confino proverò ad uscire, il frigorifero lancia segnali allarmanti per la mia sopravvivenza. Credo di essere sempre io, ma mi accorgo di essere irriconoscibile. I capelli si sono allungati a dismisura e i miei ricci, sapientemente fatti da mani cinesi, sono un lontano ricordo. Perché non sono andata dalla parrucchiera a gennaio quando tutto procedeva tranquillo? Allora non sapevo cosa sarebbe accaduto, quale trasformazione avrebbe fatto un minuscolo virus. In pochissimi giorni avrebbe assunto le sembianze e il potere di un gigantesco nemico invisibile che pare fluttuare nell'aria pronto a ghermire soprattutto le persone vecchie, me compresa.
Ormai è deciso: esco! Indosso i calzoni con fiori giganteschi e dai colori vivaci , credo che siano rimasti uno dei pochi elementi che mi qualificano come donna assieme agli enormi orecchini, poi apro il portone numero xx di via Mxxxxxxe e mi getterò nella calca.....No quella era di pochi mesi fa a allora mi getterò in una solitudine artificiale diversa da quella ovattata , protettiva e consolatoria della mia casa dove ogni oggetto mi parla, mi racconta e sa tutto della mia lunga vita.
Ho aperto a forza di braccia il portone di legno , le mani non ne hanno più la capacità e lo oltrepasso come fosse il confine, poi da solo si chiude con un tonfo che rimbomba: sono fuori, nel pericolo. Con tante belle ragazze dal seno provocante e dalla bocca che pare inviargli languidi baci il virus sembra scegliere, oltre agli uomini attempati, donne con il seno avvizzito e dalla bocca sdentata. Ecco perché i moderni scienziati non riescono a comprenderlo Si è visto mai? Improvvisamente mi rammento che non ho il lasciapassare con me, veramente non ho ancora scritto, da nessuna parte, la dichiarazione sottoscritta che dice che non sono stata rilegata in quarantena e sono sana.... Forse di mente non proprio. Mi guardo attorno , non c'è nessuno e allora imperterrita mi avvio ad espugnare la fortezza di via Dagnini denominata COOP.
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Parlare anche oggi di Covid mi sembra strano perché io, su questo terribile virus, che ha letteralmente sconvolto il nostro modo di vivere, ho scritto pagine su pagine e a lungo.
Ho scritto sia sul dolore fisico e sia su quello psichico che hanno portato alla morte, nella solitudine più totale, troppe persone anziane, ma ho anche scritto sulla paura che a volte si è ammantata di terrore credendo di essere, a mia volta, contagiata. Ho scritto dell'angoscia che ho provato nel vedere i camion che, a Bergamo, sfilavano di notte, pieni di bare in un silenzio sepolcrale, ma anche sulla preghiera di papa Francesco in una piazza San Pietro svuotata di tutto, ma non di dolore e poi anche sull'abnegazione di medici e infermieri che nessuno di noi dovrebbe dimenticare.
Ho anche scritto sulle mie aspettative deluse; ma ho anche ricordato momenti che , oltre al dolore e alla paura, mi hanno fatto sorridere. Ce ne sono diversi, ma ne voglio ricordare uno in particolare ed è la lista di ciò che il Covid mi ha deliberatamente rubato quantificandolo pure in euro e la cifra di cui sono creditrice è ingente, però nessuno me la può restituire. Invece, a tutte le persone contrarie alla vaccinazione, ho dedicato una ballata, che vorrebbe anche essere un invito a farla. I miei scritti terminano con una lettera inviata al Covid nella quale gli chiedo formalmente, di andarsene oppure, se proprio vuol rimanere, di imparare a convivere con noi. Spero tanto che mi abbia ascoltata!
PS Molti di questi scritti sono entrati a far parte di un testo teatrale che è già andato in scena e che forse verrà postato anche su Bologna Solidale.
Mariella