bambino e nonno camminano lungo una strada

Storie di Vita

Un contributo di Susanna

Martedì, 4 Maggio 2021

Guardando questa immagine mi sono immaginata cosa potevano dirsi il nonno e il bambino, quali storie potevano raccontarsi.

Siamo sommersi di storie, perchè siamo fatti di storie. Ognuno di noi è fatto di storie da raccontare.
Ognuno ha una storia interessante e diversa. A me piace ascoltare, conoscere e imparare. Ascoltare e raccontare storie di vita significa anche vivere la storia di chi la racconta tramite le emozioni che vengono condivise.

Non passa giorno che non ci imbattiamo in qualche storia. Non solo le persone ma anche i luoghi sono pieni di storie. Pensate a Bologna, alle storie che ci sono sotto ad ogni pietra, in ogni palazzo e in ogni monumento.

Come dicevo, le storie sono parte di noi e ciascuno di noi ne ha una o più da raccontare, sono i nostri ricordi.

Non so se vi ricordate il vostro primo giorno di scuola, io lo ricordo, ricordo ancora mia mamma che mi metteva quel grembiulino e il fiocco bianco... come mi stimavo! E l'aspettativa e l'emozione erano così forti perchè stava iniziando una nuova avventura, una nuova storia della mia vita. Mi sentivo "grande" (figurarsi ero alta come un soldo di cacio!). Avrei iniziato a fare le cose che sapevano fare i grandi, prima di tutto a leggere e scrivere. Soprattutto leggere per decifrare quei segnetti neri nelle nuvolette di "Topolino". Per tuffarmi, come faccio tutt'ora, nei libri per poter vivere le storie che altri hanno vissuto. 

Una piccola storia, e voi quale piccola storia avete da condividere con noi? Io non vedo l'ora di leggervi.
A presto

Categoria
Ricette di vita

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Non ho molti ricordi della prima pluriclasse che frequentai. In tutti eravamo una quindicina e, durante l'inverno, più che libri o quaderni, portavamo a scuola la legna da mettere nella stufa di terracotta. Qualcosa imparai grazie anche a mia sorella che frequentava l'ultimo anno di magistero. Tornai a Bologna giusto in tempo per frequentare la seconda classe, ricordo perfettamente l'insegnante la signorina Valenti, la maestra che più ho amato. Quando scrivevo i  'pensierini' la pagina era costellata,  oltre che dalle macchie nere di inchiostro,anche dalle sottolineature  e dalle  e correzioni delle   parole sbagliate. Di quelle ce ne erano tantissime ma il voto era sempre dieci oppure brava.  Mia  madre non  capiva quei voti che per lei erano immeritati e così andò a chiedere speigazioni. La Signorina Valenti la rassicurò dicendole: "Sua figlia scrive come parla, vedrà che, a fine anno, sentirà tutte le parole che hanno le consonanti doppie."  Devo tanto a quella maestra e vorrei che ce ne fossero tante come lei.

 

La mia nonna

La fotografia di quel nonno col suo nipotino mi ha fatto ricordare nonna Leonilde, l'unica che ho conosciuto , gli altri nonni sono morti prima che io nascessi. Era tanto buona, generosa e, a detta di tutti, molto bella. Alta, snella aveva occhi nerissimi e i capelli raccolti in una treccia che le facevano da corona. Era rimasta vedova giovanissima con sei figli da allevare: il nonno era morto alla fine della guerra del 1915/ 1918 di spagnola. La ricordo sempre vestita di nero, perennemente in lutto, con un' ampia gonna lunga fino ai piedi che doveva avere delle tasche enormi perché contenevano il mondo, e sempre qualche sorpresa per me.

Di lei ho tanti ricordi che ancora me la fanno rimpiangere. Quando d' estate andavamo a trovarla, alla mia mamma, diventata cittadina, piaceva agghindarmi con frappe, nastri, trine e scarpe bianche alla bebè che però non potevo sporcare. Appena io rimanevo sola con la nonna , lei mi toglieva subito il vestito che indossavo e mi metteva un grembiulone rattoppato e scalza correvo nella corte con i cuginetti. Così ho imparato ad assaporare la libertà....Un' altra immagine che ho viva è il comportamento della nonna quando si preannunciava un temporale, evento necessario per la terra, ma anche tanto temuto perché la pioggia poteva tramutarsi in grandine. Quando il cielo si incupiva e tuoni e lampi lo squarciavano la nonna prendeva tre lumini e, uno per volta, li accendeva davanti a delle immagini sacre. Il primo era per Sant'Antonio che doveva proteggere le messi nei campi, poi c'era quello per la Madonna e infine, se il temporale ingigantiva accendeva quello per il Sacro Cuore. Faceva questo recitando il Santo Rosario in latino seguito dalle Litanie e tutti quegli “ Ora pro nobis...” che ripetevo anch'io, mi affascinavano.

Era conosciuta da tutti sia nella contrada e che nel circondario e, pur avendo una sessantina d'anni era chiamata la 'Vecia Santi' ma con rispetto e considerazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io ricordo molto bene il mio primo giorno di scuola, ho anche tante foto che mia madre mi scattò. C'era il sole e io avevo gli occhialini tondi, da vista e il grembiule bianco. Erano presenti Massimiliano, nipote più grande di un'amica di famiglia, Riccardo, mio vicino di casa e compagno di classe, e il fratello Lorenzo, più piccolo, mia nonna, mia madre e dada Lucia, come sempre, e per sempre al mio fianco! L'emozione era tanta, un evento importante. Rimanemmo a giocare nel cortile delle Scuole Clotilde Tambroni poi la campanella e tutti in classe.  Lo scorso settembre ho vissuto il primo giorno di scuola di mio figlio ed ero così visibilmente emozionata che mi ha detto: "ma mamma non piangerai anche qui, mi fai fare una figuraccia!". Ho cercato di trattenermi ma è stato difficile. Sono felice di rivivere tutto attraverso di lui e anche questa emozione è stata vissuta 2 volte.

Di quando ero piccola non ho subito il ricordo della scuola. Mio padre e mia madre lavoravano, in fabbrica o in campagna, facevano quello che si trovava per permetterci di vivere. Eravamo tre sorelle (lo siamo anche ora). E mia madre prima del lavoro ci portava all'asilo dalle suore. Stavamo lì tutto il giorno. Lì ho anche imparato qualcosa dello scrivere: il pennino con il calamaio, le macchie sulle mani e spesso anche sui quaderni.Però giocavamo molto, in questa bella villa di campagna con un parco con albero secolari, e le violette che nascevano sotto il muschio. Poi è iniziata la scuola, grembule bianco e fiocco rosa. Avevamo i maestri e le maestre, che fatica stare seduti al banco per tante ore. Mi ricordo che nella mia scuola di campagna avevamo un bel cortile circondato da piante di cachi. Che buoni. Ne piantammo anche intorno a casa. Non se è meglio o peggio di quello che vivono i bambini di oggi,forse oggi è un pò meglio, c'è maggiore benessere, le classi hanno anche bambini stranieri. Qualche bambino è disabile. Penso che ora i bambini possono vedere più cose che li aiutano a diventare grandi e i ragazzi di oggi sono più aperti verso gli altri, li vedo più disponibili.