Cara Bologna - Vista suggestiva

Cara Bologna - Prima parte

Un contributo di Susanna

Giovedì, 8 Luglio 2021

Amo Bologna, amo la mia città, l’amo per la sua gente per il suo modo ospitale per la sua umanità, l’amo per i suoi portici così unici, per le sue chiese antiche ma anche moderne, per la Piazza Maggiore teatro di tante feste ma anche di tante tragedie, l’amo per le sue ferite indimenticabili. Amo il suo colle che porta a San Luca per i bolognesi teatro di tante speranze, l’amo per le sue alte torri da dove nei giorni sereni si può vedere il mare, l’amo per i tanti dolori subiti per la sua forza nel rialzare la testa e nel sentirci uniti. Tanti possono dire di amare il luogo dove sono nati ma per noi Bologna... Bologna è negli occhi e nel cuore

Voglio iniziare così questo piccolo viaggio, con questa belle parole di Eleonora Sabbioni, perchè racchiudono ciò che noi Bolognesi ma anche i non Bolognesi provano ammirando questa splendida città.

Voglio portarvi in giro con me, a scoprire la magia di questa bella città che a volte, essendo sotto i nostri occhi, neanche vediamo, Bologna si svela poco a poco e si fa amare per la sua autenticità.

Iniziamo il nostro viaggio…

“Amo Bologna, per i falli, gli errori, gli spropositi della gioventù che qui lietamente commisi e dei quali non so pentirmi. L'amo per gli amori e i dolori, dei quali essa, la nobile città, mi serba i ricordi nelle sue contrade, mi serba la religione nella sua Certosa. Ma più l'amo perché è bella. A lei anche infocata nell'estate, torna il mio pensiero dalle cime delle Alpi e dalle rive del mare. E ripenso a momenti con un senso di nostalgia le solenni strade porticate che paiono scenari classici e le piazze austere, fantastiche, solitarie, ove è bello sperdersi pensando nel vespero di settembre o sotto la luna di maggio, o le chiese stupende ove sarà dolce, credendo, pregare d'estate, i colli ov'è divino essendo giovani, amare di primavera, e la Certosa in alcun lembo della quale, che traguardi dal colle al dolce verde immenso piano, si starà bene riposare per sempre. Bologna è bella. Gli italiani non ammirano, quanto merita, la bellezza di Bologna ...(G. Carducci)

La casa del melograno
Nel centro storico di Bologna, tra Strada Maggiore e via San Vitale, vi è una piccola stradina stile “vecchia Bologna”. In un tratto privo dei portici vi è un palazzo di colore giallo e sulla parete esterna è apposta una lapide con la scritta: 

"GIOSUE’ CARDUCCI abitò in questa casa dal 1861 al 1876
Di qui lanciò all’Italia I GIAMBI E GLI EPODI
Qui per la morte del piccolo Dante amori e dolori gli dettarono “PIANTO ANTICO”
Nel centenario della nascita
il Comune di Bologna pose
1935 – XIII”

Entrando all’interno di questo palazzo,  elegante ma apparentemente simile a tanti altri, percorrendo il lungo corridoio di ingresso si trova un cancello che consente l’accesso ad un cortile privato. E lì la magia.
Vi è infatti un giardino terrazzato, con siepi all’inglese e una collinetta sulla quale è presente un imponente albero di melograno ed una serra.
Si tratta proprio del famoso albero di melograno che ispirò Giosuè Carducci nella redazione della poesia “Pianto Antico” dedicata al figlio Dante, il cui testo è riportato in un'altra lapide posta a fianco dell’albero.
Nonostante il triste evento che ha spinto il poeta a scrivere quei versi, il luogo è ricco di fascino ed è estremamente suggestivo. Appare infatti strano che all’interno di strutture apparentemente anonime vi siano tesori come quello che si trova all’interno della “Casa del Melograno” (è così che è stato denominato il palazzo, ora adibito ad abitazioni private). Un angolo ricco di fascino a molti ignoto. Io ho avuto la fortuna di visitarla ma non so se ora è ancora accessibile al pubblico. E Bologna si sa, i tesori e le magie nascoste all'interno dei portoni sono tante.
Proseguiamo…

Le tre frecce
Siamo all’ingresso di Corte Isolani e dobbiamo guardare in alto, col naso all’insù. Proprio lì, è possibile scorgere tre frecce conficcate nel soffitto. Una scelta architettonica parecchio insolita se non fosse che in questo caso accorre in nostro soccorso la leggenda a spiegarci tutto: pare che quelle tre frecce siano state scoccate dagli archi di tre malviventi ingaggiati per assassinare un nobile del posto. Nel bel mezzo dell’attentato, una donna nuda si è affacciata alla finestra cominciando a urlare e loro – un po’ confusi, un po’ sorpresi – hanno sparato alla cieca prima di darsela a gambe. Quelle frecce sono ancora lì.

Il vaso rotto sulla Torre degli Asinelli
In cima alla Torre degli Asinelli c’è un vaso rotto che simboleggia le ottime capacità dei bolognesi di risolvere i problemi. C’è solo un piccolo problema: si dice che salire sulle torri equivalga a non laurearsi mai. Solo una superstizione, certo, ma gli studenti più scaramantici quel vaso, probabilmente, non lo vedranno mai.

Casa Figallo
Proprio sotto la Torre degli Asinelli, all’inizio di Strada Maggiore se alzate un po’ lo sguardo vedrete una piccola mano di ferro vicino all’insegna liberty della Farmacia e sopra il capitello di un pilastro d’angolo. 

L’abitazione su cui è posta è Casa Figallo e la mano è lì per indicare la strada per Roma. Accanto è presente un cartiglio sempre in ferro battuto che riporta un testo ormai illeggibile ma sappiamo che vi era scritto “Qui termina la Via Emilia e comincia la Via Flaminia” grazie a Guido Zucchini, collaboratore di Alfonso Rubbiani, che si occupò nel 1924 del restauro di casa. Strada Maggiore faceva parte della romana Via Emilia che conduceva a Rimini e per chi giustamente facesse notare che per andare a Roma è un po’ lunga passare da Rimini, va ricordato che, durante il medioevo, era molto più sicuro per un viandante che dovesse recarsi nella capitale mantenersi all’interno dello Stato Pontificio. Quindi andare a Roma passando per Rimini era l’unica via percorribile e sicura da affrontare! Senza contare poi che in questo modo oltre ad evitarsi pagamenti e passaggi alle dogane, si evitavano anche guai non transitando nel Granducato di Toscana. Così facendo il percorso era di circa 542 chilometri e si copriva in circa 3 giorni di marcia. Da Rimini si prendeva la Via Flaminia e da lì si arrivava dritti a Roma. Ecco perché Bologna era un punto nevralgico per gli spostamenti e per i commerci dell’epoca ed ecco anche perché Strada Maggiore si chiama proprio così, per via dei molti Papi, Imperatori e Re che la percorsero in lungo e in largo.

Mind the Door
Alla chiesa di Santa Maria Maddalena, in via Zamboni all’intersezione con via San Giacomo, c’è una singolare porta che all’apparenza sembra normalissima ma che nasconde un segreto. Sorridendo, questa si apre.
L’opera si chiama Mind the Door
, e il sorriso è un filo conduttore anche dell’interno della chiesa: pare infatti che il crocifisso a lato dell’altare mostri un Gesù in croce sorridente.

Il lampione che annuncia in città l’arrivo dei neonati.
Si diceva un tempo che il lampione all’angolo tra Via Rizzoli e Piazza Nettuno cominciasse, come per magia, a lampeggiare ogni qualvolta nascesse un bambino. E così, ancora oggi, succede. Sapevate che passeggiando di sera verso Palazzo Re Enzo vi potrà capitare di vederlo accendersi e spegnersi? Sì perché ancora oggi questa splendida tradizione, tutta bolognese, è tramandata dagli ostetrici dei due ospedali della città che, grazie a un contemporaneo sistema di telecontrollo a distanza, continuano ad annunciare in città le nascite dei neonati tramite quel lampione.

Fossili sotto il portico del Pavaglione
Il pavimento del portico del Pavaglione sito di fianco alla basilica di San Petronio è un autentico percorso su un passato remotissimo addirittura per-preistorico, infatti se si guarda bene a terra non si possono non notare le innumerevoli conchiglie imprigionate nel marmo migliaia di anni fà. Questo fatto è accaduto perchè il marmo è una roccia sedimentaria. Si chiamano ammoniti.

Il mistero del campanile
Forse non tutti sanno che alla fine di Via Indipendenza dove si trova la Cattedrale Metropolitana di San Pietro nasconde un mistero nel suo campanile, infatti dentro al campanile se ne nasconde un altro! All’interno c’è “la nonna” una campana del 1594, che ha un peso di 33 quintali. Merita assolutamente una visita perché è stupenda e per salire in cima al campanile e vedere questa particolarità oltre ad un panorama mozzafiato.

Spostiamoci dal centro per andare a cercare il

Villaggio di San Giorgio
Dalla San Donato, tra Via del Pilastro Vecchio e Via Pirandello, si vede il lungo fronte di questo villaggio. La parte che ci sembra più bella e caratteristica è più “intima”, nascosta dietro questa facciata: un bel viale pedonalizzato, con alberi e panchine e porticati; veramente invitante da percorrere. Circa a metà di questo viale vi è un muro colorato, ricoperto di piastrelle. Guardandoci meglio, si scorge una lapide, che ricorda l’inaugurazione del villaggio San Giorgio. Aggirandolo, ci si trova di fronte a tre oblò, a diverse altezze, per invitare il passante a guardare. E infatti guardiamo e…sorpresa, cosa vediamo?
Una piccola e segreta statua di San Giorgio (moltiplicata per tre da un effetto caleidoscopio) che onora il villaggio a lui dedicato!

Via San Giuliano
Poco prima di Porta S. Stefano si trova in una stradina laterale Via S.Giuliano, al numero 5 si può osservare la facciata di una villa neoclassica. Guardando verso l’alto, al centro del timpano si trova un singolare orologio. È un anemoscopio, ossia un orologio che misura il vento. Sul quadrante, che riporta i nomi dei venti, scorre un’unica lancetta, collegata attraverso degli ingranaggi interni a una banderuola sul tetto dell’edificio. Questa banderuola trasmette la posizione del vento che soffia in quel momento.
L’anemoscopio, oggi non più funzionante, è opera dell’orologiaio bolognese Luigi Fabbri, che lo realizzò nel 1765, due secoli dopo l’invenzione da parte di un altro bolognese (d’adozione): il domenicano Egnazio Danti.
Un orologio a vento in questa zona era utilissimo poiché, già dalla metà del XVI secolo, l’area verde di allora fu adibita a orto botanico e, nel 1760, trasformata in orto medico di piante esotiche, che richiedevano temperature elevate anche in inverno. La villa, nel suo stile palladiano, fu costruita per essere la “Fabbrica delle stufe”, nella quale il custode risiedeva e governava il riscaldamento delle stanze, molte delle quali ospitavano piante con particolari esigenze climatiche. Determinante, per un orto, era anche conoscere quale vento soffiasse: per questo nella facciata l’architetto Francesco Tadolini contemplò lo spazio per un anemoscopio. Oggi la fabbrica delle stufe è un’abitazione privata e l’anemoscopio è fermo da più di cent’anni.

La finestra sulla Torre
E' uno dei misteri più affascinanti di Bologna, oltre che uno degli scorci più fotografati da cittadini e turisti: la torre degli Asinelli vista dalla finestra del corridoio monumentale del complesso monastico di San Michele in Bosco, oggi ospedale Rizzoli. Più ci si allontana dalla finestra, più la torre pare ingrandirsi: è l'effetto cannocchiale. Il dipartimento di Psicologia dell'Università di Bologna ha deciso di studiare il fenomeno e dare un inquadramento scientifico a una popolare suggestione.
Il corridoio di 162,26 metri del Rizzoli, ricorda lo studio - pubblicato sulla rivista scientifica Perception -  è uno dei vani architettonici più lunghi presenti a Bologna e la finestra nord del corridoio è esattamente in asse con l’apice della torre degli Asinelli, posta a 1407 metri di distanza. "Muovendosi lungo il corridoio è possibile esperire una illusione percettiva notevole: allontanandosi dalla finestra la torre sembra percettivamente ingrandirsi. Come in uno zoom, la parte sommitale appare sempre più grande fino a coprire l’intera finestra centrale, malgrado in realtà ci si stia allontanando dalla torre". E si verifica anche il contrario: "Muovendosi nel corridoio verso la torre essa sembra progressivamente rimpicciolire, malgrado ci si stia avvicinando".  L’illusione della torre degli Asinelli nel corridoio di San Michele in Bosco a Bologna, oltre a stupire ci permette anche di meglio comprendere come la nostra mente elabora la percezione di grandezza degli oggetti nel processo della visione".

Al momento mi fermo qui ma poi faremo altri giretti alla scoperta della mia/nostra Cara Bologna, intanto però se qualcuno ha qualche angolo che predilige, qualche leggenda metropolitana, qualche percorso nascosto e abbia voglia di condividere ne sarei felice, perchè a Bologna la magia non finisce mai!

 

Categoria
Storia della nostra città

Commenti a questo contenuto:

Che bello leggere queste notizie sulla mia Bologna che amo tanto!! Alcune cose le conoscevo già, altre no....e così adesso mi propongo di andare "in esplorazione" per conoscere questi nuovi angoli ! Questa volta, però, ho anche bisogno di un aiuto: ho un ricordo ( un po' vago) di una passeggiata sotto il portico del Podestà. Allora mi spiegarono che le colonne (che costeggiano la piazza Maggiore) sono ricoperte di formelle con motivi floreali...tutti diversi uno dall'altro. Ma qualche artigiano burlone, evidentemente durante un restauro(?) , ha cambiato una formella sostituendo un fiore....con una pannocchia di mais.... sicuramente sconosciuta nel 1200 circa quando è stato costruito il palazzo. Negli anni successivi ho sempre cercato questa formella estranea....ma non l'ho più ritrovata!! C'è qualcuno che mi sa aiutare?

I “Quattro Cantoni” del Voltone del Podestà.
Sotto alla Torre dell’Arengo in Piazza Maggiore c’è un voltone con quattro cantoni dove è possibile parlarsi da un angolo all’angolo opposto. Passare in compagnia sotto il voltone del Podestà e parlare al telefono senza fili era il divertimento di quando ero giovane. Allora non c’erano i cellulari, ma era il gioco ricorrente quello di telefonarci e dire le stesse parole di oggi: “Pronto, mi senti?” “Roger…forte e chiaro...tu mi senti?” 
Non ci siamo mai chiesti per quale effetto speciale il suono della nostra voce arrivava così nitido, pensavamo solo a divertirci! 

Torre dell'Arengo

IL PARCO UTILE

Anche a me piace molto questo post, perché ci porta a conoscere meglio la Città di Bologna; soprattutto a coloro che non sono bolognesi d’oc  come me. Impariamo a conoscere meglio la città delle due torri Io sono venuto a Bologna nel 1994 (circa 27 anni fa),  la Città mi ha accolto ed attualmente ci vivo insieme a mia moglie. Abito vicino al Parco della Lunetta Gamberini, vorrei quindi parlare di lui e delle attività che si svolgono al suo interno.

La sua storia (presa da Iperbole):  Il giardino è stato progettato negli anni settanta da Paolo Bettini e si trova tra via degli Orti, via Dagnini e largo Lercaro. Ha una superficie di circa 14,5 ettari.

Il giardino deve il suo nome ad una tipologia di costruzione militare, la lunetta, che nella seconda metà dell’Ottocento faceva parte del campo trincerato fatto costruire a Bologna dal generale Manfredo Fanti in funzione antiaustriaca.

Tramontata l’importanza strategica e militare di Bologna alla fine dell’Ottocento, l’ingombrante linea difensiva composta da 9 forti e 17 lunette fu gradualmente smantellata, ma la Lunetta Gamberini (dal nome della vicina Cà Gamberini probabile residenza del proprietario del terreno) venne risparmiata e riconvertita a fabbrica di fulminato di mercurio.

L’area verde è frutto di una serie di acquisizioni degli anni settanta che hanno consentito di ampliare e trasformare in un grande parco pubblico quella che negli anni cinquanta era stata una distesa di campi coltivati e ruderi.

La caratteristica principale del parco è quella di essere completamente circondata da una folta siepe mista (alberi di Giuda, forsizie, sanguninelli, scotani e molti altri arbusti ornamentali) che funziona da barriera contro il traffico e il rumore delle vie circostanti.

Gli ampi prati interni sono ombreggiati da filari di tigli, pioppi bianchi, platani e ippocastani. Al suo interno ospita impianti sportivi, quattro scuole, un centro sociale ed altre libere associazioni collocate all’interno di un lungo fabbricato su un lato del quale è inserita una fontana dello scultore bolognese Nicola Zamboni.

Per tanti anni il Centro Sociale Lunetta Gamberini, prima Centro Anziani, è stato il punto di riferimento per tante iniziative ed attività tra cui il nostro Laboratorio di ForteMente, inoltre: balli, giochi vari, attività cognitive, scuole di musica e di pittura, corsi di computer, ginnastica per anziani, ecc.. La pandemia, il Covid il lock down hanno quasi annullato il volontariato e causato la chiusura di molte attività. C’è anche un problema di ristrutturazione del fabbricato, una parte è stato dichiarato inagibile. Ci auguriamo che tutto si aggiusti e che il centro Sociale ricominci a funzionare come “Nuova Casa di Quartiere”.

Marcello Camilli

23 Luglio 2021.

Grazie Marcello per aver ricordato, tra le cose belle di Bologna anche il parco ”Lunetta Gamberini.” Con il matrimonio, nel lontano 1962, come tante  altre giovani coppie , ho trovato casa nel quartiere Santo Stefano che si stava espandendo , mentre  il parco era solo un terreno impraticabile. Come sono cresciuti i miei figli così ho visto quel terreno trasformarsi in un bellissimo parco, come ho visto mettere a dimora una serie di arbusti e di alberelli di diverse specie  che avrebbero dato vita a una  siepe molto speciale. In questi anni sono così cresciuti da diventare una muraglia che a primavera si riveste di fiori dai mille profumi e colori e che cinge tutto il parco in abbraccio preservandolo dai rumori di una città sempre più caotica.

Ho visto edificare il nido Cattaneo, le scuole elementari Don Milani e le medie Pepoli dando modo ai miei figli di mettere fine ai problematici doppi turni. Dopo diversi anni la scuola Don Milani ha incorporato anche la mia scuola dell'infanzia Gastone Rossi e così ho terminato il mio percorso lavorativo proprio nel parco che ho imparato a conoscere e ad amare.

La giostrina a ridosso di via Sigonio che ha divertito i miei figli ora non gira più, così come nella pista per il pattinaggio, nelle sere d'state, non si va più a ballare, ma ambedue conservano intatto il ricordo dei momenti felici passati.

Chi ancor resiste e il mio saggio abete che solo recentemente ho scoperto essere un pregiato cedro del Libano. L'ho conosciuto già vecchio, la guerra lo aveva ingobbito, forse qualche fulmine gli aveva stroncato la cima, ma lui stravaccato con i rami che toccano a terra è  sempre là come ad attendere il mio passaggio. Ancor oggi, nelle mie passeggiate alla Lunetta, in cerca di ossigeno e di fresco, mi fermo a contemplarlo e a lui continuo a confidare timori e vittorie. Dal suo aspetto si vede che ha superato diverse traversie e la sua presenza per me è un monito a non demordere, a lottare perché la vita riserva, dopo le batoste , anche dei momenti di felicità.

 

21 luglio 2021

Io amo la città che mi ha adottato quando ero piccolissima. La amo per tutte le meraviglie e le curiosità che racchiude e che così bene sono state descritte e che , con gli anni, ho imparato a conoscere e ad ammirare. Ma la amo soprattutto per i mille suoi luoghi che hanno condiviso con me le gioie e i dolori che ho vissuto. I due Tigli profumati e frondosi di via Mitelli N. 16 che, fatti un po' di conti, ora hanno più di cento anni e hanno assistito ai miei primi passi fuori di casa. La chiesa di S. Girolamo dell'Arcoveggio luogo di ritrovo e di aggregazione e che mi ha visto con il lungo abito bianco della Prima Comunione. Via via che gli anni si sono sgranati come le perle di un Rosario, questi luoghi sono aumentati e sarebbe impossibile descriverli tutti, ma hanno fatto sì che il mio rapporto con Bologna diventasse indissolubile. Questa città aperta ed accogliente conosce tutto di me perché, assieme a me, è custode dei mille luoghi che hanno esaltato la mia felicità o consolato le mie lacrime.

 

 

 

 

 

 

28 Luglio 2021

Un giorno importante oggi per Bologna, conosciuta ed ammirata per le opere d'Arte che possiede. Da oggi si può pavoneggiare per l'alto riconoscimento ottenuto e non da chicchessia ma dall'UNESCO. I suoi portici  o dipinti o austeri o ricchi di secoli che si dipanano specialmente lungo le strade centrali sono diventati patrimonio dell'umanità. Grazie Bologna  sei la città unica al mondo che ci offre questa particolarità bella e tanto utile. Magari ci vedi correre indaffarati ma  noi bolognesi li apprezziamo tanto  e li sfruttiamo quotidianamente i tuoi portici ,anche in questi torridi giorni.

Speriamo che questo riconoscimento induca i cittadini a rispettarli, i Portici. Nei mesi passati, prima del lockdown, le pareti e le colonne sono state ripulite da squadre di volonterosi che hanno cancellato scritte, sgorbi e sozzure di varia natura (non certo street art) proprio in previsione di questo riconoscimento, in via Saragozza e penso anche in altre zone. Ma come si farà a pulire e a mantenere pulite le pavimentazioni dei Portici? In questi giorni estivi, il grande caldo svela al naso di tutti l'uso improprio e incivile che viene fatto di questo accogliente manufatto di cui giustamente la città va fiera. E non è un bel biglietto da visita.