Ispirati dagli aspetti gioviali della quotidianità vogliamo raccontarci di scherzi, anche da prete, di quei momenti più esilaranti di cui qualche buontempone ci ha resi protagonisti, nostro malgrado. Accorrono subito alla nostra mente le scene di film popolari, tra cui Amici miei – declinato nei suoi vari atti – o del
più sfortunato Fantozzi.
E poi... Il primo ricordo scappa dai tempi della scuola quando immancabilmente il buontempone di turno ti incollava sulla schiena un foglio di carta ritagliato a forma di pesce e anche debitamente colorato. Man mano che avanzavi udivi risate e battute sommesse e ti chiedevi “Ma chissà cosa avranno oggi?” salvo poi scoprire che loro non avevano niente, tu sì. E si rideva senza ritegno. Ricordo della lezione di storia dell’arte interrotta casualmente da qualcuno che bussava alla porta. Alla
voce invitante dell’insegnante la porta si apriva e faceva capolino la figura di uno studente – il fenomeno! - che molto garbatamente chiedeva se poteva uscire PAOLO.
Paolo chi? Chiedeva l’insegnante. PAOLO UCCELLO. Fragore di risate, sguardo cagnesco dell’insegnante con minaccia di successiva nota e incontro “de visu”
con il preside.... Il ricordo ci concede ancora un sorriso, sia per la spensieratezza del liceo sia per il “fenomeno” che nel frattempo ne ha fatta di strada... è diventato un buon imprenditore.
Con una certa frizzantezza nel cuore, condividiamo il tema con qualcuno dei nostri assistiti e la leggerezza dei nostri ricordi incontra subito l’amarezza dell’infanzia di un ottantenne che, verso i dieci anni, subisce un pesce d’aprile che lo mortifica. E’ il dopoguerra: periodo di stenti e di abiti riadattati più e più volte. La sua era una famiglia povera – come la maggioranza delle famiglie del tempo -. I ragazzini si trovavano per strada a giocare. Alcuni erano più maliziosi altri più sensibili. Accadde così che la malizia di un gruppetto facesse perno sulle necessità di bimbetto sensibile e creasse delle aspettative... Gli fu detto, infatti, di recarsi a casa del nobiluomo del paese e di ritirare un regalo serbato appositamente per lui. Il bimbo corse e attese invano per oltre un ora attaccato al portone della casa nobiliare – il padrone era infatti uscito da tempo –. Aspettò mentre i suoi compagni, vilmente nascosti, spiavano, mormoravano e ridevano. Quando gli si presentarono davanti e ridendo gli svelarono che era uno scherzo, lui si ricordò che era il primo aprile. Sentì amarezza, umiliazione e con un nodo in gola si diresse verso casa ma prima di arrivarci si soffermò spesso e pianse. Il ricordo tuttavia ora è dolce ed insieme ne traiamo tenerezza, innocenza ed amorevolezza perché lui, nonostante la delusione del momento, ha sempre voluto bene ai suoi amichetti.
Ma che belle le nostre vite, così come sono, anche le più difficili ma sempre e comunque belle per chi la bellezza vuole e può riconoscerla.
Scriveteci, se volete, il vostro memorabile pesce d’aprile e buona primavera tutti.
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